Cosa c’è di buono: Elena Fazzini, da 15 anni impegnata a garantire istruzione e aiuti sanitari a bambini nel mondo.

Intervista a Elena Fazzini di Hope Onlus

Redazione In Blu Radio
RadioinBlu del 20 Maggio 2020

Da Cosa c’è di buono

In cosa c’è di buono Elena Fazzini fondatrice e presidente di Hope Onlus da 15 anni impegnata a garantire istruzione e aiuti sanitari a bambini nel mondo ci parla di operazione senza sprechi.

L’associazione italiana Hope Onlus in questo momento è l’organizzazione non profit che ha consegnato il maggior numero di apparecchiature elettromedicali a servizio degli ospedali Covid-19 in Italia.

L’associazione fondata e guidata da Elena Fazzini è tutt’ora impegnata, su richiesta esplicita dell’Unità di Crisi della Regione Lombardia, nell’importazione e nell’acquisto di macchinari per la diagnosi e la cura dei malati contagiati dal Coronavirus, soprattutto monitor e ecografi portatili, della cui fornitura riceve numerosissime richieste ospedaliere. Tramite Regione Lombardia, anche altri ospedali di altre regioni si sono rivolti a Hope Onlus che ha elaborato un programma ad hoc molto innovativo per moltiplicare il valore delle risorse finanziarie e raggiungere migliaia di pazienti: l’Operazione “Senza sprechi” in aiuto agli ospedali Covid-19.

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Lucia Schillaci: In diretta in “Cosa c’è di buono” oggi ho il piacere di parlare di Hope Onlus che aiuta i bambini le comunità in condizioni di povertà, disagio ed emergenza rispondendo a precise richieste di aiuto e bisogni specifici di ospedali, orfanotrofi scuole, asili, centri di accoglienza e di primo soccorso in Italia e in Medio Oriente.

Oggi ho il grande piacere di incontrare Elena Fazzini che fondatrice, presidente proprio di Hope Onlus in prima linea da 15 anni, forse qualcosa di più, lo scopriamo adesso con lei. Buongiorno e salve Elena.

Elena Fazzini: Buon giorno a tutti e buona giornata.

Lucia Schillaci: è un grande piacere averla con noi, io ho fatto soltanto veramente una piccola introduzione e adesso Le chiedo di raccontarci più in dettaglio di cosa si occupa e cosa fa Hope Onlus da tanti anni.

Elena Fazzini: Hope Onlus è un’organizzazione non profit, altamente specializzata, lavoriamo in un luogo molto particolare del mondo in Medio Oriente, in Libano, Siria, Giordania, Palestina e Israele che sono dei luoghi sempre coinvolti da emergenze e da bisogni umanitari. Lavoriamo sempre perché siamo chiamati, quindi rispondiamo a richieste di aiuto prevalentemente di ospedali, asili, scuole, comunità che hanno delle necessità specifiche e con un metodo di lavoro che è derivato da processi del mondo profit entriamo in risposta, in aiuto a queste comunità che ci chiedono aiuto. Quindi siamo abituati, diciamo, ormai da 15 anni, ad operare in ambito di emergenza e la nostra specialità è quella di lavorare attraverso progetti umanitari riguardanti il settore della salute e dell’educazione, che sono i due ambiti in cui più le persone fragili e in difficoltà vengono ad essere veramente gli ultimi degli ultimi.

Questo è stato l’operato sostanzialmente di tantissimi anni di prima linea, in tante città e in tante situazioni anche di grandissima difficoltà. Dove posso dire che veramente abbiamo aiutato centinaia di migliaia di bambini, di persone in difficoltà, costruito reparti ospedalieri, scuole, asili, lavorato in campi profughi e abbiamo sempre così, dato una prevalenza a quella che era l’azione rispetto a tantissime altre modalità di intervento quindi siamo un attore di prima linea.

Lucia Schillaci: Di prima linea, tra l’altro Elena, mentre lei stava raccontando tutto questo, stavo pensando alle zone in cui voi operate. Sono zone dove i bambini veramente sono la parte più fragile, forse, della società e istruzione e sanità sono proprio molto carenti. Ci sono zone di guerra, ci sono zone di povertà estrema, quindi insomma il vostro aiuto, insomma la vostra presenza lì, aiuta tantissimi bambini a creare delle generazioni che poi dovrebbero essere quelle che poi, portano avanti no, la comunità, la società.

Elena Fazzini: Assolutamente soprattutto perchè se Lei pensa a quella che è stata la storia del Medio Oriente. Il Medio Oriente ora che è suddiviso in questi Stati. che per la maggioranza hanno situazioni cicliche di belligeranza… C’è stato un tempo in cui ebrei, musulmani, e cristiani vivevano in modo pacifico, in una convivenza di centinaia di secoli. Quindi questi paesi che oggi sono degli Stati! e sono degli Stati anche in guerra fra di loro. Nei secoli addietro, erano popolazioni nomadi che attraversano un confine all’altro e vivevano una situazione di convivenza. Ci sono tantissimi racconti e tantissime famiglie, che noi abbiamo incontrato, che ci raccontano proprio di avere addirittura della relazioni parentali dall’altra parte del confine e non possono più attraversare il confine.

Basti pensare Israele Palestina e Israele e Libano oppure Siria, sono tutti dei paesi in cui la situazione è veramente critica tutti i giorni, ma, come posso dire, Hope è un’organizzazione che costruisce la speranza concreta tutti i giorni, quindi il nostro metodo di lavoro è proprio quello di rispondere ad un bisogno specifico di costituire un technical team, fatto di specialisti e quindi l’utilizzo delle risorse nel nostro caso è veramente estremamente razionale.

Noi abbiamo team piccolo e la nostra famiglia si ingrandisce diventando una famiglia di professionisti specializzati di 40, 50, 60, 70 persone anche 90 persone a seconda dei programmi.

Non interveniamo mai con degli aiuti a pioggia, non lavoriamo con i cooperanti, quindi lavoriamo sempre specificamente per un bisogno, come stiamo lavorando in questo momento in risposta alle richieste di aiuto di questa epidemia in italia, per cui quello che sta accadendo in questo momento in Italia che ha coinvolto la nostra organizzazione come un attore di primo piano nel terzo settore è qualcosa che rispetto a tante altre organizzazioni che lavorano in questo ambito fa parte proprio della storia di Hope.

Io sono un paziente che è stato salvato da un ecografo. Per cui la mia vita è cambiata, e ho avuto una vita salva proprio grazie ad una apparecchiatura elettromedicale, da un professionista che ha saputo vedere bene attraverso questa apparecchiatura e mi ha dato, diciamo, una possibilità di vita! Per cui la sensibilità sia personale, professionale, ma soprattutto di  mission Hope, in questo momento dell’epidemia di Coronavirus, non è qualcosa che improvvisamente si è creata, fa parte proprio della nostra storia, abbiamo costruito reparti ospedalieri, doniamo apparecchiature elettromedicali su base costante, in tutti gli ospedali The italian hospitals di Hamman, di Damasco di Nazareth, di Betlemme sono tutti dei luoghi su cui noi lavoriamo, su base costante, e in base alle richieste di aiuto oggi un ecografo, domani un’apparecchiatura più complessa, come può essere una tac piuttosto che un laser ottico, piuttosto che tantissime incubatrici. Le faccio proprio degli esempi di macchinari che sono stati nella nostra storia e che quindi hanno permesso veramente di prendersi cura di tantissimi pazienti, di tutte le età perché sono apparecchiature indispensabili alla vita sanitaria e soprattutto all’emergenza.

Lucia Schillaci: Elena le chiedo l’operazione “senza sprechi” proprio quello di cui stava parlando in aiuto ospedali covid 19. Forse il primo programma che ha un criterio di economia circolare.

Elena Fazzini: Assolutamente, nel senso che, come tutti sappiamo, in questi 80 giorni che hanno un po’ cambiato le vite individuali e le vite comunitarie della Lombardia, ma generalmente di tutti i paesi che sono stati coinvolti nella pandemia, la necessità di un inserimento di apparecchiature elettromedicali è diventato fondamentale e urgentissimo.

A un certo punto, noi siamo stati chiamati, come sempre anche in questo caso siamo stati chiamati. Quindi siamo stati chiamati da due ospedali molto importanti perché ritenuti un partner scientifico molto qualificato, quindi abbiamo risposto alla richiesta d’aiuto del Policlinico di Milano e dell’ospedale San Gerardo di Monza, che ci hanno chiesto respiratori polmonari ed ecografi portatili già al 25 di febbraio. Quando i media e, diciamo, la società civile non aveva ancora capito di questa urgenza, ma loro in modo veramente molto, mi viene così, preventivo, ma loro avevano avuto un intuito medico per capire che la situazione era veramente grave e stava diventando sempre più grave. Quindi noi con loro abbiamo costituito un technical team, come sempre facciamo in questi casi, con degli ingegneri chimici, con dei tecnici specializzati in apparecchiature e in base alle richieste di aiuto quindi: i monitor, i respiratori polmonari, le ec pap, gli ecografi e i flussimetri, insomma tutti questi nomi, che sono ormai diventati parte della nostra vita a quotidiana abbiamo, diciamo, scandagliato e analizzato il mercato mondiale.

Io sono un ex funzionario delle Nazioni Unite, ho lavorato per più di 10 anni in programmi sullo sviluppo e quindi ho tutta una rete ancora di conoscenze all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quindi abbiamo costruito un sistema di controllo, affinchè,  non soltanto avessimo donatori e importantissime risorse che ci sono state date in gestione, proprio come donazioni dirette, alla nostra organizzazione non profit, ma con queste noi siamo andati proprio ad acquistare apparecchiature e le apparecchiature le abbiamo comprate a dei costi molto congrui per cui abbiamo fatto delle negoziazioni molto importanti a livello internazionale, le abbiamo importate direttamente dagli produttori senza intermediari, facendo quindi proprio un percorso parsimonioso delle risorse e abbiamo risparmiato tanto e a un certo punto, dopo le prime due e tre settimane, ci siamo resi conto che stavano arrivando tantissime apparecchiature per la grande emergenza. E allora il nostro modo di lavorare era in tandem con l’unità di crisi della Regione Lombardia, rispondevamo alle richieste d’aiuto dirette del professor Pesenti, il coordinatore dell’unità una persona splendida  e veramente un uomo, un medico di primissima linea e con lui abbiamo pensato, io gli ho suggerito, proprio questa iniziativa;  cioè la costituzione di un’operazione “senza sprechi” legata alle apparecchiature elettromedicali, quindi con grande energia e grossi investimenti abbiamo immesso negli ospedali, che ne hanno fatto richiesta, più di 100, arriveremo sicuramente a più di 150 apparecchiature elettromedicali, che sono tantissime , mi creda e di tutte queste, più della metà abbiamo chiesto agli ospedali di prenderle in comodato d’uso gratuito, cosa vuol dire? che noi gliele prestiamo e le prestiamo fino a dicembre del 2021, quando tutti noi speriamo che il coronavirus sia soltanto un ricordo e le mascherine siano scomparse, e non ci siano più questi  numeri terrorizzanti, tutti le sere dopo le 18, che vengono pubblicati e queste apparecchiature che fine faranno? Allora Hope si prende la responsabilità, con un comitato scientifico, presieduto dal professor Pesenti, di rigenerarle, dopo che sono state utilizzate da questi ospedali, se in questi ospedali c’è un’urgenza e una necessità rimarranno dove sono state portate, ma siccome c’è sovrabbondanza di apparecchiature in questo momento perchè l’emergenza è stata talmente con numeri grandi che il day by day non necessiterà di tutte queste apparecchiature, ma sono grandi investimenti. Queste apparecchiature verranno portate da Hope in altri ospedali bisognosi, in questo modo, un investimento di 20 30 50 mila euro non aiuta soltanto un ospedale, ma aiuta diversi ospedali e daremo priorità sicuramente agli ospedali italiani che ne faranno richiesta, abbiamo tutto il nostro centro e sud Italia che ha bisogno di rinnovare le apparecchiature elettromedicali, ma il nostro desiderio del cuore è che a un certo punto arrivino in Medio Oriente.

Io ho ben presente l’ospedale italiano di Damasco, l’ospedale italiano di Hamman, quello di Nazareth che è stato il primo luogo in cui io sono arrivata quando, appunto salvata da un ecografo, decisi di regalare un ecografo e i medici che mi salvarono mi segnalarono questo ospedale, arrivai a Nazareth e l’ecografo si trasformò in un reparto di neonatologia e terapia intensiva e da lì nacque e si sviluppò la storia di Hope.

Quindi le apparecchiature verranno inserite proprio in un circuito di economia circolare per cui l’investimento iniziale, non soltanto, siccome sono apparecchiature che dureranno 5, 10, 15 anni abbiamo scelto anche  di fare degli investimenti di apparecchiature estremamente durevoli di alta gamma tecnologica, per meglio gestire il denaro, donato tanti amici di Hope, che hanno sostenuto Hope e da tante organizzazioni, da aziende da fondazioni che hanno visto con grande apprezzamento la scelta di non sprecare le risorse e quindi gli ecografi sono andati a Bergamo, a Brescia, ventilatori che sono stati a Cremona a Pavia chissà dove arriveranno quindi da qui, da questa esperienza anche estremamente drammatica, nascerà sicuramente un percorso virtuoso che noi ci impegniamo a seguire per i prossimi 3, 5 anni dove l’idea è quella di portare 200 apparecchiature là dove c’è bisogno.

Lucia Schillaci: Elena, siete un esempio virtuoso che bisognerebbe prendere veramente, mi perdoni per il bisticcio di parole, ad esempio. Perché avete fatto un grandissimo lavoro, in emergenza  senza spreco di soldi e anzi diventando veramente un circuito virtuoso che veramente dovrebbe essere seguito poi come come programma no? Le chiedo anche, voi avete oltre questo, oltre tutto quello che lei mi ha raccontato, avete anche così aiutato in maniera diretta i sanitari con i pasti i medici, gli infermieri  del policlinico.

Elena Fazzini: Il nostro lavoro si è orientato in tre fasce di bisogno allora il bisogno più importante anche quello oneroso dal punto di vista economico che era quello di reperire le apparecchiature medicali e alla velocità della luce,  veramente velocità della luce, consegnarle negli ospedali. Accanto a tutto questo grande lavoro sulle apparecchiature diretto alla terapie intensive, c’è stato il supporto ai medici e infermieri, quindi abbiamo, ormai dal 28 di febbraio preso in carico alcuni ospedali di Milano e in particolare con il policlinico di Milano tutti i giorni consegniamo 250 panini a pranzo e 250 panini a cena poiché le mense aziendali sono state chiuse.

Lucia Schillaci: Intanto ricordo a chi ci sta ascoltando che basta andare  su hopeonlus.org perché in tutto questo, ovviamente un aiuto, anche piccolo, si trasforma direttamente in aiuto concreto no ? e quindi anche il nostro contributo a distanza, semplicemente donando, può essere fondamentale e importante per darvi una mano aiutarvi.

Elena Fazzini: E anche il cinque per mille è veramente un aiuto un po’ ci siamo dimenticati tante possibilità di aiuto ci siamo dimenticati di tante possibilità di aiuto, però il 5 per mille, piccolo o grande che sia,  è veramente è quella goccia che riesce veramente a costituire i grandi mari.

Lucia Schillaci:  Elena io, che dire, la ringrazio e vi ringrazio di cuore per quello che fate e che continuerete a fare e naturalmente io invito tutti a partecipare attivamente c’è una pagina  dove ci sono tutti i modi e le modalità per essere presenti con le donazioni, regali solidali, veramente per l’operazione senza sprechi di cui abbiamo parlato fino ad adesso Hopeonlus.org/cosa puoi fare, lo diciamo proprio in maniera specifica perché è fondamentale essere con voi per darvi una mano ad aiutarci… Quindi ancora grazie!

Elena Fazzini: Grazie! Grazie di questo tempo e di questa attenzione e di avere tutti sempre e comunque una grande speranza nel cuore.